
Sedute d’autore: tutela dell’autore e concorrenza sleale
Le opere di design industriale “che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico sono tutelabili in materia di diritto d’autore, anche se non sono state oggetto di registrazione“.
Il carattere creativo non implica la novità assoluta dell’opera del design ma è espressione e manifestazione dell’idea dell’autore.
Il Tribunale di Milano, con l’ordinanza del 14 giugno 2017, ribadisce un concetto di giurisprudenza consolidata: la valutazione del valore artistico è effettuata, facendo riferimento a parametri oggettivi della percezione dell’opera del design negli ambienti culturali, quali: “il riconoscimento da parte degli ambienti culturali ed istituzionali, circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche, l’esposizione in mostre e musei, la pubblicazione su riviste specializzate e l’attribuzione di premi”.
Nel caso di specie, la ricorrente ha prodotto copiosa documentazione attestante il riconoscimento da parte degli ambienti culturali delle qualità artistiche dei modelli di sedute in oggetto, attraverso l’indicazione di mostre, gallerie d’arte e musei nei quali le opere furono esposte, nonché di numerose pubblicazioni su riviste d’arte.
Esclusa la riproduzione abusiva, in quanto i beni commercializzati non sono uguali ai modelli oggetto di giudizio, deve valutarsi se le resistenti, attraverso la promozione e la commercializzazione dei beni in contestazione, abbiano contraffatto i modelli di designer assoggettati a diritto d’autore e/o posto in essere atti di concorrenza sleale.
La contraffazione non esclude la presenza di differenze quando vi sia la sostanziale riproduzione dell’opera originale per ripresa delle caratteristiche esteriori dotate di efficacia individualizzante, non rilevando invece, ai fini dell’illiceità della riproduzione in materia di diritto d’autore la confondibilità delle opere ( Cass n 9854/2012).
Le differenze evidenziate non sono tali da escludere l’illiceità della riproduzione in quanto i beni commercializzati riprendono le caratteristiche distintive esteriori delle opere d’autore Le Corbusier, come peraltro ammesso dalle stesse resistenti che, invero, hanno pubblicizzate i beni come “Sedute d’autore”.
Una condotta di per sé, sleale e, quindi, anche integrante la fattispecie di concorrenza sleale, in quanto appropriativa di pregi di prodotti relativi ad altra impresa, idonea a gettare discredito su di essi per l’inferiore qualità del prodotto e, altresì, idonea a generare confusione tra i modelli in esame, ingenerando l’equivoco che essi possano provenire da imprese collegate per la sussistenza di un legame commerciale.
I modelli commercializzati riproducono le caratteristiche esteriori dotate di efficacia individualizzante, idonee a ricollegare i prodotti in esame alla ricorrente.
Ai fini della concorrenza sleale, la valutazione va condotta, infatti, dal punto di vista del consumatore medio e va riferita alle somiglianze e agli elementi comuni che incidono sul rischio di associazione. Tenendosi in considerazione che il consumatore non può procedere a un esame diretto comparativo e che il raffronto va effettuato secondo un giudizio finale di sintesi e di impressione.
La pubblicizzazione dei modelli come “Sedute d’autore”, che smentisce l’affermazione sopra riportata secondo cui la resistente non avrebbe mai fatto alcun “riferimento pubblicitario agli originali”, integra, di per sé, la fattispecie di concorrenza sleale per appropriazione di pregi e agganciamento parassitario.