
Post 2. Il Codice del Consumo dalla parte dell’azienda. Le pratiche commerciali scorrette.
Le pratiche commerciali vietate in quanto scorrette sono le pratiche ingannevoli e le pratiche commerciali aggressive.
Quali sono le pratiche commerciali ingannevoli?
Le pratiche commerciali ingannevoli si distinguono in azioni ingannevoli e omissioni ingannevoli.
È considerata azione ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero che seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea a indurre in errore il consumatore medio riguardo a uno o più elementi oppure lo induce o è idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
È considerata omissione ingannevole una pratica commerciale che, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso e dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in quel determinato contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce – o è idonea a indurre – in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
E’ sempre considerato ingannevole:
- affermare, contrariamente al vero, di essere firmatario di un codice di condotta
- esibire un marchio di fiducia, un marchio di qualità o un marchio equivalente senza aver ottenuto la necessaria autorizzazione
- asserire, contrariamente al vero, che un codice di condotta ha l’approvazione di un organismo pubblico o di altra natura
- affermare, contrariamente al vero, che un professionista, le sue pratiche commerciali o un suo prodotto sono stati autorizzati, accettati o approvati, da un organismo pubblico o privato o che sono state rispettate le condizioni dell’autorizzazione, dell’accettazione o dell’approvazione ricevuta
- invitare all’acquisto di prodotti a un determinato prezzo senza rivelare l’esistenza di ragionevoli motivi che il professionista può avere per ritenere che non sarà in grado di fornire o di far fornire da un altro professionista quei prodotti o prodotti equivalenti a quel prezzo entro un periodo e in quantità ragionevoli in rapporto al prodotto, all’entità della pubblicità fatta del prodotto e al prezzo offerti
- invitare all’acquisto di prodotti ad un determinato prezzo e successivamente:
rifiutarsi di mostrare l’articolo pubblicizzato ai consumatori
rifiutarsi di accettare ordini per l’articolo o di consegnarlo entro un periodo di tempo ragionevole
fare la dimostrazione dell’articolo con un campione difettoso, con l’intenzione di promuovere un altro prodotto
- dichiarare, contrariamente al vero, che il prodotto sarà disponibile solo per un periodo molto limitato o che sarà disponibile solo a condizioni particolari per un periodo di tempo molto limitato, in modo da ottenere una decisione immediata e privare i consumatori della possibilità o del tempo sufficiente per prendere una decisione consapevole
- impegnarsi a fornire l’assistenza post-vendita a consumatori con i quali il professionista ha comunicato prima dell’operazione commerciale in una lingua diversa dalla lingua ufficiale dello Stato membro in cui il professionista è stabilito e poi offrire concretamente tale servizio soltanto in un’altra lingua, senza che questo sia chiaramente comunicato al consumatore prima del suo impegno a concludere l’operazione
- affermare, contrariamente al vero, o generare comunque l’impressione che la vendita del prodotto sia lecita
- presentare i diritti conferiti ai consumatori dalla legge come una caratteristica propria dell’offerta fatta dal professionista
- impiegare contenuti redazionali nei mezzi di comunicazione per promuovere un prodotto, qualora i costi di tale promozione siano stati sostenuti dal professionista senza che ciò emerga dai contenuti o da immagini o suoni chiaramente individuabili per il consumatore
- formulare affermazioni di fatto inesatte per quanto riguarda la natura e la portata dei rischi per la sicurezza personale del consumatore o della sua famiglia se egli non acquistasse il prodotto
- promuovere un prodotto simile a quello fabbricato da un altro produttore in modo tale da fuorviare deliberatamente il consumatore inducendolo a ritenere, contrariamente al vero, che il prodotto è fabbricato dallo stesso produttore
- avviare, gestire o promuovere un sistema di promozione a carattere piramidale nel quale il consumatore fornisce un contributo in cambio della possibilità di ricevere un corrispettivo derivante principalmente dall’entrata di altri consumatori nel sistema piuttosto che dalla vendita o dal consumo di prodotti
- affermare, contrariamente al vero, che il professionista è in procinto di cessare l’attività o traslocare
- affermare che alcuni prodotti possono facilitare la vincita in giochi basati sulla sorte
- affermare, contrariamente al vero, che un prodotto ha la capacità di curare malattie, disfunzioni o malformazioni
- comunicare informazioni inesatte sulle condizioni di mercato o sulla possibilità di ottenere il prodotto allo scopo d’indurre il consumatore all’acquisto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato
- affermare in una pratica commerciale che si organizzano concorsi o promozioni a premi senza attribuire i premi descritti o un equivalente ragionevole
- descrivere un prodotto come gratuito o senza alcun onere, se il consumatore deve pagare un supplemento di prezzo rispetto al normale costo necessario per rispondere alla pratica commerciale e ritirare o farsi recapitare il prodotto
- includere nel materiale promozionale una fattura o analoga richiesta di pagamento che lasci intendere, contrariamente al vero, al consumatore di aver già ordinato il prodotto
- dichiarare o lasciare intendere, contrariamente al vero, che il professionista non agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, o presentarsi, contrariamente al vero, come consumatore
- lasciare intendere, contrariamente al vero, che i servizi post-vendita relativi a un prodotto siano disponibili in uno Stato membro diverso da quello in cui è venduto il prodotto
Quali sono le pratiche commerciali aggressive?
È considerata aggressiva una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce – o è idonea a indurlo – ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
Nel determinare se una pratica commerciale comporta, molestie, coercizione o indebito condizionamento, sono presi in considerazione i seguenti elementi:
- i tempi, il luogo, la natura o la persistenza
- il ricorso alla minaccia fisica o verbale
- lo sfruttamento da parte del professionista di qualsivoglia evento tragico o circostanza specifica di gravità tale da alterare la capacità di valutazione del consumatore, al fine di influenzare nella decisione relativa al prodotto
- qualsiasi ostacolo non contrattuale, oneroso o sproporzionato, imposto dal professionista qualora un consumatore intenda esercitare diritti contrattuali, compresi il diritto di risolvere un contratto o quello di cambiare prodotto o rivolgersi ad un altro professionista
- qualsiasi minaccia di promuovere un’azione legale ove tale azione sia manifestamente temeraria o infondata
E’ considerato sempre aggressivo:
- creare l’impressione che il consumatore non possa lasciare i locali commerciali fino alla conclusione del contratto
- effettuare visite presso l’abitazione del consumatore, ignorando gli inviti del consumatore a lasciare la sua residenza o a non ritornarvi (salvo i casi in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale)
- effettuare ripetute e non richieste sollecitazioni commerciali per telefono, via fax, per posta elettronica o mediante altro mezzo di comunicazione a distanza (salvo i casi in cui siano giustificate dalla legge nazionale ai fini dell’esecuzione di un’obbligazione contrattuale)
- imporre al consumatore, che intenda presentare una richiesta di risarcimento del danno in virtù di una polizza di assicurazione, di esibire documenti che non possono ragionevolmente essere considerati pertinenti per stabilire la fondatezza della richiesta
- omettere sistematicamente di rispondere alla relativa corrispondenza, al fine di dissuadere un consumatore dall’esercizio dei suoi diritti contrattuali
- includere in un messaggio pubblicitario un’esortazione diretta ai bambini perché acquistino o convincano i genitori o altri adulti ad acquistare loro i prodotti reclamizzati
- esigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto
- informare esplicitamente il consumatore che, se non acquista il prodotto o il servizio saranno in pericolo il lavoro o la sussistenza del professionista
- lasciare intendere, contrariamente al vero, che il consumatore compiendo una determinata azione abbia già vinto, vincerà o potrà vincere un premio o una vincita equivalente, mentre non esiste alcun premio né vincita equivalente
- lasciare intendere che qualsiasi azione volta a reclamare il premio o altra vincita equivalente è subordinata al versamento di denaro o al sostenimento di costi da parte del consumatore
A proposito di pratiche sleali: la fornitura non richiesta
Il Codice del Consumo non pone un divieto assoluto al professionista di consegnare o rendere disponibili prodotti o servizi non richiesti dal consumatore.
Scopo della previsione è evitare che il consumatore sia indotto ad acquistare beni o servizi non desiderati a causa dell’erroneo convincimento di esservi giuridicamente tenuto per il solo fatto di averli ricevuti o di non averli restituiti.
Perché la messa a disposizione del bene o del servizio sia illegittima deve precedere l’eventuale ordinazione da parte del consumatore e presentare natura onerosa. Per questa ragione non è vietata la fornitura da parte del professionista di omaggi e campioni inviati per fini di sollecitazione meramente promozionale e gratuita. In questo caso, infatti, viene a mancare la richiesta di pagamento necessaria a integrare gli estremi della fattispecie illecita.
In caso di fornitura non richiesta considerato illecita, il consumatore non è tenuto ad alcuna controprestazione, ossia non è tenuto ad alcun pagamento né alla restituzione del prodotto ricevuto.
Nel caso in cui abbia corrisposto un pagamento può chiedere l’integrale restituzione e il risarcimento per i danni patiti consistenti non solo nel pregiudizio patrimoniale sofferto ma anche per l’indebita intromissione (e prevaricazione) della propria libertà personale. In questo modo il consumatore è tutelato dal rischio di essere esposto a pressioni indebite ed a sollecitazioni indesiderate, dirette a provocare la manifestazione di un consenso all’acquisto e, di conseguenza, al pagamento delle forniture ricevute
In questo caso il consumatore non è nemmeno tenuto a provvedere alla custodia del bene dal momento che questo contrasterebbe con l’intenzione manifestata dal legislatore di evitare “ingerenze” da parte del professionista sulla sfera del consumatore finendo per imporgli delle attività (che potrebbero essere anche dispendiose) alle quali dovrebbe soggiacere, senza, peraltro, ricavarne alcun beneficio.
In caso di pratiche commerciali considerate sempre ingannevoli e aggressive, la fornitura non richiesta integra anche gli estremi della pratica commerciale scorretta, con tutte le relative conseguenze.
Infine, la mancata risposta del consumatore alla richiesta di pagamento o restituzione del prodotto non richiesto, non può essere considerata come accettazione della proposta tacitamente formulata dal professionista attraverso l’invio della merce o la messa a disposizione del servizio, essendo a tal fine necessaria un’espressa manifestazione di volontà.
La fornitura diversa da quella richiesta
È il caso in cui il professionista intende adempiere eseguendo una fornitura diversa da quella pattuita. Come si intuisce, mentre nella fornitura non richiesta non esiste un rapporto tra le parti, nella situazione appena delineata il rapporto si è costituito ma con oggetto una fornitura diversa da quella che intende fornire il professionista.
E’ evidente che senza il consenso – che il consumatore deve esprimere prima o al momento della conclusione del contratto – il professionista non può sostituire l’originaria fornitura pattuita con altra “anche se di valore e qualità equivalenti o superiori”.
La previsione – oltre la complicazione di stabilire il valore e la qualità della fornitura “sostitutiva” che non può tener conto che di elementi oggettivi – mira a evitare che, dopo la procedimentalizzazione del rapporto (informativa, conferme scritte e, infine, contratto) il professionista possa modificare radicalmente il contenuto dell’accordo raggiunto.
Competente per la determinazione, sanzione e definizione di pratiche commerciali scorrette è l’AGCM (l’autorità garante della concorrenza e del mercato) che d’ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, inibisce la continuazione delle pratiche commerciali scorrette e ne elimina gli effetti, applicando le sanzioni previste.
L’Autorità può avvalersi della Guardia di finanza, che agisce con i poteri a essa attribuiti per l’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto e dell’imposta sui redditi. L’intervento dell’Autorità è indipendente dalla circostanza che i consumatori interessati si trovino nel territorio dello Stato membro in cui è stabilito il professionista o in un altro Stato membro.
L’Autorità può disporre, con provvedimento motivato, la sospensione provvisoria delle pratiche commerciali scorrette, laddove sussista particolare urgenza. In ogni caso, comunica l’apertura dell’istruttoria al professionista e, se il committente non è conosciuto, può richiedere al proprietario del mezzo che ha diffuso la pratica commerciale ogni informazione idonea a identificarlo.
L’Autorità può, altresì, richiedere a imprese, enti o persone che ne siano in possesso, le informazioni e i documenti rilevanti al fine dell’accertamento dell’infrazione.
L’Autorità può, infine, disporre che il professionista fornisca prove sull’esattezza dei dati connessi alla pratica commerciale se tale esigenza risulti giustificata dal caso specifico. Se tale prova è omessa o viene ritenuta insufficiente, i dati di fatto sono considerati inesatti.
Incombe, in ogni caso, sul professionista l’onere di provare, con allegazioni fattuali, che non poteva ragionevolmente prevedere l’impatto della pratica commerciale sui consumatori
Se la pratica è considerata scorretta, l’AGCM ne vieta la diffusione, qualora non ancora portata a conoscenza del pubblico, o la continuazione, qualora la pratica sia già iniziata.
Con lo stesso provvedimento può essere disposta, a cura e spese del professionista, la pubblicazione della delibera, anche per estratto, ovvero di un’apposita dichiarazione rettificativa, in modo da impedire che le pratiche commerciali scorrette continuino a produrre effetti.
L’Autorità può anche chiedere al professionista responsabile l’assunzione dell’impegno di porre fine all’infrazione, cessando la diffusione della pratica sleale o modificandola in modo da eliminare i profili di illegittimità (cd.ravvedimento operoso) “in cambio” della chiusura dell’istruzione.
Tale impegno – possibile solo quando la gravità della condotta non sia manifesta – può essere reso vincolante e pubblicato a cura e spese del professionista.
In tali ipotesi l’Autorità, valutata l’idoneità di tali impegni, può renderli obbligatori per il professionista e definire il procedimento senza procedere all’accertamento dell’infrazione
La violazione dell’impegno comporta l’applicazione di una sanzione da 10.000 a 5.000.000 euro.
Nei casi riguardanti comunicazioni commerciali inserite sulle confezioni di prodotti l’AGCM, nell’adottare i provvedimenti, assegna per la loro esecuzione un termine che tenga conto dei tempi tecnici necessari per l’adeguamento.
Le sanzioni amministrative in caso di pratiche commerciali scorrette, vanno:
- da 5.000,00 euro a 500.000,00 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione
- da 10.000 a 150.000 euro in caso di inottemperanza ai provvedimenti d’urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti ed in caso di mancato rispetto degli impegni assunti
- la sospensione dell’attività d’impresa per un periodo non superiore a trenta giorni nei casi di reiterata inottemperanza.
La sanzione non può essere inferiore a 50.000,00 euro nel caso di pratiche commerciali scorrette che:
- riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, omettono di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza
- riguardano prodotti suscettibili di raggiungere bambini e adolescenti potendo, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza
Il pagamento delle sanzioni amministrative deve essere effettuato entro trenta giorni dalla notifica del provvedimento dell’Autorità. I ricorsi avverso le decisioni adottate dall’Autorità sono soggetti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ove ha la sua sede l’Autorità (ossia il T.A.R. Lazio e, poi, il Consiglio di Stato).
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Codice del #Consumo dalla parte dell'azienda @confcommerciomi Condividi il Tweet