Meno siamo, meglio stiamo

MENO SIAMO MEGLIO STIAMO AVV SILVIA DI VIRGILIO LEX AROUND ME MILANO

Meno siamo, meglio stiamo

Dal punto di vista legale quando più autori decidono di collaborare si possono verificare due casistiche principali.

Le opere cosiddette “collettive” e le opere cosiddette “composte”.

Le opere “collettive”

Sono quelle in cui ciascuna parte da cui è formata l’opera resta distinta e autonoma rispetto alle altre. Ad es. un’antologia. In questo caso l’opera si compone di una somma di opere distinte.

Ai singoli collaboratori dell’opera collettiva è riservato il diritto di utilizzare la propria opera separatamente. I diritti di utilizzazione economica sull’opera collettiva spettano, invece, all’editore (salvo diversa pattuizione).

Le opere “composte” 

Hanno, invece, un’identità meno “separabile”. Possono essere suddivise in parti, ma tale suddivisione porta a un risultato molto diverso dall’opera nel proprio complesso.

Un esempio tipico è dato dalle canzoni, in cui vi sono una parte letteraria e una musicale. Evidentemente, la musica e le parole possono essere divise, ma il risultato finale sarà molto diverso. Vi è un’identità organica che risulta più accentuata rispetto alle singole parti.

Altro esempio tipico è un manuale o un libro scritto da diversi autori senza una suddivisione in singoli capitoli del contributo di ciascuno ma con interventi singoli sull’intera opera nel suo complesso.

Come si suddividono i diritti d’autore nelle opere composte? 

L’art. 3 della Legge sul Diritto d’Autore prescrive che “Le opere collettive, costituite dalla riunione di opere o di parti di opere, che hanno carattere di creazione autonoma, come risultato della scelta e del coordinamento ad un determinato fine letterario, scientifico, didattico, religioso, politico od artistico, quali le enciclopedie, i dizionari, le antologie, le riviste e i giornali, sono protette come opere originali, indipendentemente e senza pregiudizio dei diritti di autore sulle opere o sulle parti di opere di cui sono composte”.   

Al di fuori di una pattuizione per la suddivisione dei diritti d’autore spettanti a ciascun autore, se un (presunto) autore chiede l’accertamento giudiziale della propria qualità di autore deve dimostrare di aver contribuito alla creazione dell’opera. E deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento. Soprattutto qualora tale circostanza sia espressamente contestata dalla controparte. 

A tal fine l’autore può chiedere la prova testimoniale. O può anche produrre documenti e scritture private tra le parti che riconoscono tale qualità. 

Ma si tratta pur sempre di elementi che costituiscono una presunzione semplice di paternità, che può essere superata con la prova contraria.

Inoltre, in base alle regole sulla ripartizione dell’onere della prova e alle concrete modalità di svolgimento dell’iter processuale è onere di ciascuna parte dimostrare la fondatezza delle proprie affermazioni/richieste fornendo gli elementi di prova nei modi e nelle forme stabilite dalla legge. 

E la giurisprudenza?

In relazione al riconoscimento della paternità, l’art. 8 della Legge n. 633/1941 stabilisce che è considerato autore dell’opera, salvo prova contraria, chi è in essa indicato come tale, nelle forme d’uso, ovvero è annunciato come tale, nella recitazione, esecuzione, rappresentazione o radiodiffusione dell’opera stessa.

Di conseguenza, in caso di accertamento giudiziale della paternità dell’opera a causa di un conflitto tra presunti autori, diventa determinante fornire la prova, anche testimoniale, da cui desumere il superamento della presunzione di paternità stabilita dalla predetta norma. 

Per le opere appartenenti al campo della letteratura disegnata, per esempio, il Tribunale di Milano ha ritenuto che l’indicazione in copertina del nome del disegnatore di un fumetto deve interpretarsi, ex art. 8 della legge n. 633/1941, come un implicito riconoscimento della co-paternità nella creazione dei personaggi dei fumetti (Trib. Milano, 21/10/2003).

La legge sul diritto d’autore n. 633/1941 disciplina espressamente il caso di opera creata in collaborazione e stabilisce che se l’opera è stata creata con il contributo indistinguibile e inscindibile di più persone, il diritto di autore appartiene in comune a tutti i coautori (art. 10 Legge n. 633/1941).

La legge, inoltre, precisa che le parti indivise si presumono di valore eguale, salvo la prova per iscritto di diverso accordo.

Anche in questo caso, per l’accertamento giudiziale della coautorialità dell’opera è importante fornire la prova del proprio apporto creativo, poiché in mancanza di tale prova contraria la domanda dovrà essere rigettata (ex multis: Trib. Padova, Sez. IP, 21/09/2012).

Sempre in relazione alla pubblicazione a mezzo stampa di opere letterarie, la Corte di Appello di Milano aveva già chiarito che in assenza di elementi idonei a superare in concreto la presunzione di paternità stabilita dall’art. 8 della legge n. 633/1941, deve essere dichiarato autore di un’opera letteraria chi è indicato come tale sia nel frontespizio sia nella prefazione dell’opera pubblicata(Corte App. Milano, 11/01/2000).

 

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