
L’alfabeto del marchio
Cosa sarebbe una borsa di Louis Vuitton senza il suo leggendario monogramma?
O l’iconica fibbia della cintura Gucci senza le due G incrociate?
Alcune case di moda hanno costruito la loro fama sulla combinazione delle iniziali del fondatore o di lettere dell’alfabeto: CK di Calvin Klein, V di Valentino, D&G di Dolce & Gabbana, le due F di Fendi.
I monogrammi sono diventati delle icone di moda a tutti gli effetti e sono ancora alla base della fortuna di moltissimi brand.
Ma al di là dell’enorme valore commerciale dei monogrammi nell’industria della moda si tratta sempre e comunque di lettere dell’alfabeto.
Ma i monogrammi possono essere registrati come marchi?
In linea generale la risposta è sì, ma la questione abbraccia profili molto più complessi.
Prima del 1992 l’orientamento giurisprudenziale italiano era unanime nel sostenere che le lettere dell’alfabeto, considerate in se stesse, non fossero suscettibili di essere registrate come marchi validi.
Salvo il caso in cui fossero arricchite da elementi grafici tali da soddisfare il requisito della distintività.
Il D.Lgs. n. 480/1992 (in attuazione della Direttiva 89/104/CEE) introduce nell’ordinamento italiano la possibilità di registrare le lettere dell’alfabeto come marchio. Ma parte della dottrina continua ancora a dubitare della loro validità.
Quantomeno in assenza di una minima elaborazione grafica.
La giurisprudenza, anche nei casi in cui ha riconosciuto i monogrammi come marchi validi, ha mantenuto un approccio prudente. I marchi composti da lettere sono considerati marchi “deboli” e, di conseguenza, protetti solamente entro i limiti della loro caratterizzazione grafica.
In questo modo anche la minima alterazione e/o rielaborazione sono sufficienti a escludere qualsiasi violazione.
Più di recente anche la giurisprudenza sembra incline a riconoscere una maggiore tutela ai monogrammi.
E ha stabilito che la validità di un marchio composto da lettere dell’alfabeto deve trovare fondamento sul requisito della distintività, a prescindere dalla resa grafica delle lettere.
Ma nonostante questa maggiore tutela per le lettere dell’alfabeto e, quindi, anche per i monogrammi sembra emergere una situazione paradossale.
Alcuni monogrammi, che nella pratica sono estremamente riconoscibili (nessuno dubiterebbe che le lettere L e V sovrapposte si riferiscano alla casa di moda Louis Vuitton), anche se registrati non sarebbero facilmente tutelabili in giudizio come marchi “forti”.
Infatti anche grandi società, i cui monogrammi sono estremamente riconoscibili, hanno faticato a trovare tutela.
Ad es. nel caso Gucci/Guess, la Corte d’ Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado, affermando che anche se “le G riflesse e ribaltate agli angoli della trama romboidale del noto pattern “Diamond'” di GUCCI rimandano immediatamente, nella percezione del pubblico, a quella specifica casa di moda”, il motivo raffigurante la lettera G di per sé considerata “è molto usato dalle case di moda e […] lo stile grafico e gli intrecci decorativi dei marchi in contestazione non caratterizzano particolarmente il marchio stesso”.
In altri termini “la semplice lettera dell’alfabeto, posta agli angoli di un rombo composto da semplici pallini, non assume alcuna capacità distintiva”.
Il carattere distintivo del monogramma assume rilievo nella rappresentazione grafica e nella descrizione che accompagna la domanda di registrazione del marchio.
Quindi se vuoi avere la certezza di ottenere tutela, un monogramma dovrebbe essere:
- caratterizzato da una elaborazione grafica sostanziale
- estremamente distintivo
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GILBERTO LUIGI PETRAZ
interessato al diritto industriale