
Kim Kardashian non indossa il Kimono
Il 25 giugno Kim Kardashian annuncia su Instagram il lancio della sua linea di shapewear, una linea modellante pensata per le taglie dalla XXS alla 4XL.
Kim decide di chiamare la sua nuova linea KIMONO e deposita le domande di marchio con la società Kimono Intimates Inc.
Il riferimento all’iconico capo orientale, il kimono, dà il via però a una pioggia di commenti negativi anche relativi al messaggio che la collezione porta con sé: pantaloncini, canottiere, tutine modellanti che danno al corpo una forma innaturale e nascondono le curve morbide.
Ma Kim Kardashian si trova nel mezzo del movimento contro il body shaming e la strumentalizzazione del corpo delle donne. E la rete la punisce coprendola di proteste avvalorate anche da personaggi famosi.
Indebita appropriazione culturale e discredito
Creare un marchio giocando con il proprio nome rappresenta un’ottima scelta di marketing.
Ma Kim Kardashian è stata accusata di non aver considerato che il kimono è un elemento importante della cultura nipponica.
Secondo la rete, quindi, l’uso del termine kimono per rappresentare un marchio di biancheria intima svalorizza secoli di tradizione e cultura.
Quello dell’appropriazione culturale è un tema che negli ultimi anni è stato molto discusso negli Stai Uniti e la popolazione si è sensibilizzata nei confronti dell’argomento.
Quindi anche il web. Non sorprende che l’indignazione sia stata immediatamente accolta dagli utenti di tutto il mondo.
Il popolo del web infligge una dura lezione a Kim Kardashian. E in cinque giorni più di 5.000 post con l’#KimOhNo compaiono su Instagram e su Twitter.
Anche il sindaco di Kyoto è intervenuto con l’invio di una lettera formale in cui h chiesto a Kim Kardashian di ritirare la domanda per il deposito dei marchi contenenti la parola “kimono”.
Il 1° luglio Kim Kardashian pubblica un post con cui comunica di aver deciso di ascoltare le critiche e di modificare il nome della nuova linea di abbigliamento intimo.
L’account ufficiale “Kimono” è stato subito rimosso e anche le domande di registrazione del marchio sono state ritirate.
L’unico marchio attualmente non ritirato e concesso è il marchio dell’Unione europea “kimono intimates”, che coincide con il nome della società titolare.
Kim Kardashian lavora a un nuovo brand e a fine agosto lancia il suo nuovo marchio: SKIMS SOLUTIONWEAR.
Perché Kim Kardashian ha ritirato il marchio KIMONO?
Da un punto di vista giuridico l’argomento dell’appropriazione culturale e del discredito non sembrerebbe essere rilevante.
Infatti, i due marchi denominativi “Kimono” erano stati depositati in Unione europea e ritenuti validamente registrabili dall’Ufficio europeo.
E sono stati anche oggetto di opposizione da una società spagnola titolare del marchio “Hakimono”. Marchio registrato anteriormente proprio per articoli di abbigliamento e accessori.
Inoltre i marchi ritirati erano stati depositati negli USA e in Unione Europea mentre la battaglia mediatica è nata in Asia e si è poi diffusa sul web.
Giuridicamente, quindi, Kim Kardashian avrebbe potuto ignorare le contestazioni ricevute.
L’assenza di confini territoriali dei social network sferra un nuovo colpo al principio di territorialità su cui si basa il mondo dei marchi.
Un elemento che giuridicamente potrebbe essere irrilevante è in grado di influenzare la scelta commerciale di un soggetto.
Perché è vero che il popolo social non è un soggetto giuridicamente rilevante a fini di un’opposizione a una domanda di marchio ma è chi alla fine il tuo marchio lo compra e lo indossa.
E se il tuo pubblico decide di non acquistare il tuo marchio ti conviene assecondarlo.
Anche a costo di far saltare progetti commerciali già avviati o perdere parte degli investimenti fatti.
Questo è un nuovo elemento da non sottovalutare quando scegli il nome del tuo nuovo marchio.
E anche il mondo giuridico deve fare i conti con gli effetti mediatici e la forza del web.
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