K-Way, che storia!

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K-Way, che storia!

I ragazzi degli anni 80 probabilmente non ricordano nessuna gita fuori porta senza quel marsupio colorato legato in vita che all’occorrenza offriva riparo dalla pioggia permettendo di correre liberamente senza intralci.

Un oggetto irrinunciabile!

Questa giacca impermeabile è nata nel 1965 a Parigi proprio in un giorno di pioggia grazie a una felice intuizione del suo creatore Léon-Claude Duhamel.

La storia narra che in un pomeriggio piovoso del 1965 a Parigi, Leon-Claude Duhamel -proprietario di un’azienda familiare che produce pantaloni – fosse seduto a un tavolino del Cafè de la Paix, locale storico dell’XI arrondisment. Sta osservando i movimenti caotici dei passanti sotto la pioggia, impacciati per via degli scomodi impermeabili e dei grossi ombrelli.

A un certo punto intravede una signora vestita di una giacca di nylon rosso e Leon-Claude si appunta qualcosa.

L’idea venuta in quel momento all’imprenditore francese è di quelle geniali. Progettare un indumento antivento e antipioggia che fosse più comodo di un impermeabile e meno ingombrante di un ombrello.

Accorgimenti successivi fecero in modo che questo capo d’abbigliamento potesse essere chiuso, tutte le volte che si voleva, all’interno di una tasca-marsupio.

Nacque così il K-Way.

Si tratta di un capo realizzato con nylon speciale, difficilmente sgualcibile, che occupa pochissimo spazio e che diventa una sacca, pratica per essere portata ovunque. Il K-Way è, inoltre, dotato di bottoni, cerniere zip, tasche e cappuccio.

Tradizionalmente di colore blu oppure rosso, i K-Way sono a maniche larghe e ciò permette di indossarli anche sopra il giubbotto.

Il nome fu a lungo pensato e discusso tra chi voleva adottare un nome americano e chi uno francese.

Inizialmente lo si voleva chiamare “en cas de” ossia “in caso di”.

Si trovò un accordo dove la lettera k richiamava la parola “casa”, mentre la parola “way” dava un tono internazionale molto di moda a quei tempi.

Il nome lo si deve a Jean Castaing, pubblicitario dell’azienda, convinta da Duhamel a puntare sul suo progetto. Castaing trovò il giusto mix tra la richiesta francese di chiamarlo “En cas de” (in caso di) e il taglio americano che si voleva dare ai capi d’abbigliamento dell’epoca per ottimizzare l’aspetto commerciale.

La campagna pubblicitaria fu subito positiva. Dopo aver scritto sui cartelloni pubblicitari che si poteva ordinare nei negozi sportivi il nuovo funzionale indumento, si vendettero 250mila capi.  L’azienda iniziò a trattare cifre molto alte con i commercianti, firmando negli anni ’70 e ’80 contratti con diverse squadre sciistiche per fornire loro il materiale necessario.

Nel 1992 Pirelli acquista il marchio.

Come rivela Duhamel: «avevano un piano di sviluppo internazionale ed eravamo convinti che avrebbero portato il K-Way in tutto il mondo».

Ma in realtà il brand perse valore e venne venduto prima alla banca d’affari So.PA.F. e in seguito alla società milanese Multimoda Network.

La svolta avvenne nel 2004 quando Marco Boglione, proprietario tra gli altri del marchio Robe di Kappa, rilevò il brand. Il marchio entrò nel gruppo BasicNet, una holding quotata in borsa che si occupa del rilancio di marchi dell’abbigliamento italiano, fornendo servizi di analisi e sviluppo del prodotto.

Da indumento rivolto esclusivamente ai negozi sportivi, BasicNet ha fatto in modo che K-Way, con qualche accorgimento tecnologico, potesse adeguarsi anche al mercato dell’abbigliamento in generale. Così come fatto già in precedenza da Moncler con i suoi piumini.

L’esperimento riuscì perfettamente. A oggi, infatti, K-Way vanta 26 negozi monomarca in tutto il mondo. Dalla Malesia agli Stati Uniti, passando per la Russia, il Canada, Taiwan e la Corea del Sud, e 15 soltanto in Italia.

Il grande successo di K-Way porta con sé il proliferare di tentativi di creazione e immissione nel mercato di di prodotti contraffatti.

Recentemente si è registrato un tentativo di contraffazione del prodotto e, in particolare, dei marchi KWAY e STRISCIA COLORATA.

BasicNet è infatti titolare, oltre che del marchio denominativo KWAY, anche del marchio c.d. STRISCIA COLORATA. Il marchio è costituito da un sequenza di strisce verticali colorate di differenti dimensioni dei seguenti colori: “navy blue, orange, yellow, orange and navy blue”.

Nel caso analizzato dal Tribunale delle Imprese di Torino, il marchio striscia colorata non è  riprodotto integralmente nel capo non originale. Ma con modalità tali da ricondurre immediatamente al segno originale di cui sono state, infatti, riprodotte le caratteristiche salienti ed essenziali. Ossia la sequenza di colori e il posizionamento sul capo.

Ai sensi dell’art. 9 lettera b) del Regolamento (CE) n.207/2009 “il marchio comunitario conferisce al titolare il diritto di farne uso in modo esclusivo e di vietare a terzi l’adozione di un segno che a motivo della sua identità o somiglianza col marchio comunitario e dell’identità o somiglianza dei prodotti e servizi contraddistinti dal marchio comunitario e del segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione tra segno e marchio”.

Sulla base delle argomentazioni esposte il Tribunale ha accolto la richiesta di tutela del titolare dei marchi KWAY e STRISCIA COLORATA.

E noi possiamo continuare con certezza ad associare le bellissime strisce colorate ai nostri inseparabili KWAY.

 

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