
Coesistenza di marchi simili e rischio di associazione
La Sentenza n. 3320/2016 del 15 marzo 2016 emessa dal Tribunale di Milano ribadisce il principio secondo cui tra un marchio anteriore e uno posteriore coesistenti tra loro sussista il rischio di confusione quando vi è, in concreto, la possibilità che il pubblico ritenga che i prodotti o i servizi contraddistinti da un marchio che imiti quello di altra impresa provengano dalla medesima impresa o da imprese tra loro collegate.
Si tratta del cd. rischio di associazione, che ricorre quando il pubblico – pur non riconducendo al titolare del marchio imitato anche la provenienza dei prodotti contraddistinti dal marchio imitante – sia portato a ritenere che sussistano tra le diverse imprese, rapporti di natura contrattuale, quale, ad esempio, un rapporto di licenza di marchio.
Nel caso di specie, tra due marchi complessi denominativi e figurativi, “Il Bisonte” e “The Bison”, appartenenti a due diverse società operanti nel settore della pelletteria – borse e accessori in pelle una, borse in pelle per motociclisti, l’altra – la valutazione del rischio di confusione deve essere fatta, quanto alla somiglianza visiva, fonetica e concettuale, sull’impressione complessiva prodotta dagli stessi in considerazione dei loro elementi distintivi e dominanti. Si deve, quindi, compiere una valutazione “di impressione” che non deve consistere in un attento esame comparativo ma va condotta in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza dei consumatori.
Non solo: la coesistenza tra due marchi, protrattasi per un tempo significativo, modifica l’originario assetto degli interessi coinvolti: non solo alimenta l’affidamento del titolare del marchio posteriore a poterne continuare l’uso, beneficiando dell’accreditamento sul mercato che egli stesso ha realizzato, ma consente anche che nei consumatori, grazie a ripetute esperienze d’acquisto, maturi la consapevolezza delle “differenze” tra i prodotti e tra i marchi che li contraddistinguono, e, pertanto, la capacità di distinguere i due marchi e collegarli alle relative imprese produttrici.
In questo modo cessa, quindi, progressivamente il rischio che il marchio posteriore pregiudichi la funzione di indicazione di provenienza del marchio anteriore e l’interesse dei consumatori a poter effettuare consapevolmente le proprie scelte d’acquisto.
Pertanto, per effetto di una prolungata coesistenza pacifica e in buona fede dei due segni in conflitto, il marchio “di fatto” può essere legittimamente utilizzato purché ne mantenga l’uso nei limiti del segmento di mercato in cui è presente e con le modalità con cui detto segmento di mercato propone i suoi prodotti; limiti che hanno permesso (e permettono) ai consumatori di individuare e valorizzare le differenze tra i prodotti contraddistinti dal marchio nominativo e figurativo “ The Bison” rispetto a quelli contraddistinti dal marchio nominativo e figurativo “ Il Bisonte” e di agire nella consapevolezza della provenienza degli stessi.