
Chi decide il tuo contratto?
Se il contratto non prevede nulla sul foro competente, il relativo Tribunale di competenza viene scelto coi criteri indicati dagli Artt. 19 e 20 c.p.c.
Ma questi criteri non sono sempre univoci.
Le parti sono sempre libere di scegliere il foro competente per qualsiasi controversia derivante dal contratto.
Ci sono tuttavia dei casi in cui è vietato dalle norme.
Ad esempio:
- sono vietate le deroghe alle norme specifiche del Codice di Procedura Civile per le cause di
lavoro e per quelle con agenti e rappresentanti di commercio; - costituisce clausola vessatoria stabilire come sede del foro competente sulle controversie
una località diversa da quella di residenza o domicilio elettivo del consumatore finale; - la legge sulla subfornitura impone l’obbligo del tentativo di conciliazione e del successivo arbitrato (Unico caso in cui una legge imponga la conciliazione e l’arbitrato).
È sempre opportuno inserire una clausola di deroga al foro.
Sia per scegliere il foro più conveniente (ad esempio quello della città più vicina); sia per evitare che in caso di contenzioso sorgano dubbi sull’individuazione del foro competente per legge, con conseguenti perdite di tempo e costi.
È soprattutto necessario prevederlo quando i due contraenti hanno foro differente. E se è differente il luogo di esecuzione della prestazione o della controprestazione. Oppure in caso di contratti con partner stranieri o in base a cui la prestazione o la controprestazione si svolgeranno all’estero.
La scelta del foro competente a decidere di una determinata controversia è spesso decisiva non solo ai fini della durata del processo, ma anche per il suo esito.
Come per la legge applicabile è opportuno discutere questo aspetto fin dall’instaurarsi dei rapporti commerciali. Anche se all’inizio degli stessi l’ipotesi di una controversia giudiziaria appare estremamente improbabile.
La clausola va accettata dalle parti con doppia sottoscrizione e deve precisare che si tratta di un foro esclusivo.
È opportuno, inoltre, prevedere espressamente che tale clausola sopravviva al termine, per qualsiasi motivo, del contratto.
Arbitrato
In alternativa al foro, le parti possono decidere di ricorrere alla clausola arbitrale.
Solo in alcuni casi il ricorso all’arbitrato non è ammesso dalle norme, ad esempio nelle cause di lavoro.
E’ meglio ricorrere alla Magistratura ordinaria – scegliendo il foro competente – o all’arbitrato?
In realtà la risposta è molto soggettiva e può dipendere anche dai motivi del contenzioso, che sono impossibili da prevedere in fase di stipula contrattuale.
In via generale, l’arbitrato è più costoso della Magistratura ordinaria ma ha tempi più rapidi, soprattutto in rapporto alla lentezza delle cause nei Tribunali italiani.
Tale rapidità costituisce indubbiamente un vantaggio per i rapporti commerciali, che hanno bisogno di certezze.
Per un’azienda vincere una causa dopo anni, ad affare ormai sfumato, può essere realmente una “vittoria di Pirro”. E anche costosa, perché la maggior parte delle sentenze prevede che ciascuna parte paghi le proprie spese.
In ogni caso l’arbitrato può essere:
- nazionale o internazionale (il secondo, ovviamente, per i contratti internazionali);
- a uno o a tre arbitri (a tre arbitri dà, almeno teoricamente, maggiori garanzie di
imparzialità, ma costa molto di più); - rituale (= secondo diritto) o irrituale (secondo equità). L’arbitrato irrituale è generalmente
poco usato in Italia. In realtà, ricorda un po’ alcuni procedimenti giudiziari inglesi, che mirano a decidere sulla base di quella che (secondo l’opinione del giudice) è una giustizia sostanziale.
In ogni caso, è importante che la clausola arbitrale sia chiara, ben fatta e completa in ogni sua parte. Altrimenti i vantaggi di maggior celerità garantiti dall’arbitrato vengono annullati.
Come arbitro può essere scelto chiunque, anche un privato che goda la fiducia delle due parti.
È però uso ricorrere alle Camere arbitrali istituite presso le Camere di commercio.
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