
Anche i Masai scoprono il loro marchio
«Esuj erashe ng’ejuk emusana», dice un proverbio Masai: «Se un’idea è buona, altri la copieranno».
Sembra che il marchio “Maasai” sia utilizzato da circa diecimila aziende in tutto il mondo.
Tra gli utilizzi più famosi del marchio ci sono le calzature sportive Masai Barefoot Technology (MBT) famose per la suola ricurva che rende instabile la camminata.
Proprio questa particolarità sarebbe ispirata alla deambulazione a piedi nudi su terreni accidentati praticata dai Masai.
Ma anche altri brand hanno sfruttato il marchio.
Nel 2003 la Jaguar Land Rover ha messo in commercio due edizioni limitate del fuoristrada Freelander: Maasai e Maasai Mara.
Nel 2012 la collezione primavera-estate uomo di Louis Vuitton includeva sciarpe e maglie ispirate agli shuka – coperte di cotone a quadri con i colori predominanti del rosso e del nero – simbolo del vestire Masai.
Ma anche Calvin Klein, Ralph Lauren e Diane von Furstenberg hanno prodotto lenzuola, pantaloni e cuscini utilizzando il nome di questa tribù.
Anche i sandali di cuoio sono diventati un must. Il marchio Ishola realizza sandali con suole in pelle e con fantasie multicolori di perline nel rispetto della tradizione Masai.
Il più lussuoso oggetto in commercio a marchio Masai sembrerebbe di un’azienda italiana, la Delta, specializzata in penne. Nel 2003 avrebbe messo in commercio la penna “Masai”, della linea “Indigenous People” il cui prezzo al pubblico parte da 600 dollari.
Insomma tutti pazzi per i Masai.
Ma una tribù può ottenere il copyright sul proprio nome?
La battaglia si prospetta complessa e le regole del diritto sembrano ridurre sensibilmente le aspettative di successo.
L’interpretazione tradizionale della proprietà intellettuale prevede “un sistema di tutela giuridica di beni cd. immateriali, che hanno sempre maggiore rilevanza economica. Ci si riferisce al risultato dell’attività creativa/inventiva umana, come ad esempio le opere artistiche e letterarie, le invenzioni industriali, i modelli di utilità il design e i marchi”.
Una tutela in favore di persone o imprese che abbiano creato innovazione, che in questo caso non sembra esserci.
Ad aiutare i Masai nell’impresa c’è Ron Layton, esperto di proprietà intellettuale, che ha fondato un’organizzazione no-profit per sensibilizzare le popolazioni dei paesi in via di sviluppo sui temi del copyright, dei marchi commerciali e dei brevetti.
Secondo Layton, negli ultimi 10 anni sei grandi compagnie hanno generato un giro d’affari annuale di oltre 100 milioni di dollari grazie all’utilizzo del nome “Maasai”.
La creazione del marchio Masai.
L’unica azione efficace potrebbe essere la creazione di codici di condotta volontari che si battono per la realizzazione di un marchio autonomo legato ai Masai, ai quali le aziende sarebbero costretta ad aderire per non apparire insensibili alla loro causa.
In questo modo si potrebbe reclamare la proprietà intellettuale sul nome per far ricadere parte dei profitti ricavati dai prodotti “Masai” sulla tribù africana.
Come dice Layton: «Se qualcuno vuole usare l’immagine di una popstar come Taylor Swift, lei chiede e ottiene almeno il 5%. Perché i Masai non possono ottenere lo stesso trattamento?».
In sostanza: Se vendi capi di moda a prezzi faraonici “copiando” il nome di una tribù africana fai almeno lo sforzo di sostenerla…e pubblicizza il tuo sostegno per dare valore al tuo marchio.
It’s only business baby.
Ti è piaciuto il mio post? Fammelo sapere nei commenti e se vuoi fammi un tweet.
Anche i Masai scoprono il loro #marchio. #ProprietàIndustriale #Ecommerce # Internet #LexAroundMe Condividi il TweetOperi online? Scopri “Cosa si nasconde dietro la politica dei prezzi delle vendite on line“.
Hai trovato un marchio per la tua attività e vuoi proteggerlo? Scopri se ha tutti i requisiti di legge nel mio Post “Una registrazione a prova di Legge” oppure contattami qui per una prima consulenza.